23 Dicembre 2022
Stiamo rinnovando tutta la struttura fisica del Plato, stava cadendo a pezzi dopo due anni di pandemia e piogge torrenziali.
La depressione, la fame e anche i drammi dei pescatori con il loro scarsissimo lavoro per via dei cambiamenti climatici hanno creato l’ennesima condizione drammatica di povertà assoluta.
Ci vuole molta forza e molto coraggio per andare avanti, a volte vacilla, poi ritorna e poi si indebolisce di nuovo, ma davanti alla semplice gioia di qualcuno che riscopre nella sua esistenza la bellezza dei valori ecco che ritrovo forza e coraggio.
Lavorare per aiutare chi non ha nulla è come vivere un dono straordinario perché DONARE
è il dono, e non credo ci sia una gioia più grande.
Con grande fermento stiamo cercando di far ripartire tutta la macchina della scuola con svariate attività, stiamo per ospitare anche i piccolissimi che non hanno ancora 3 anni e il tempo pare essersi fermato a tanti anni fa. In realtà tutto sta cambiando velocemente anche i bambini comunque influenzati dal WEB cercano cose diverse, ma in un certo senso la povertà e la fame li tiene ancora ancorati alle cose semplici, alla conquista delle stesse.
Mentre ancora gran parte del mondo accumula e conta i suoi beni c’è una parte di umanità che proprio non ce la fa. Quest’anno ho ritoccato con mano, (presente in loco), la miseria sia dove abbiamo la scuola che in Orissa dove stiamo seguendo questo progetto in connessione con i popoli tribali.
Ogni volta è uno stupore, ogni volta è una volta nuova.
Vedere la discrepanza assoluta tra chi deve inventarsi ogni giorno il cibo per sopravvivere e lo spreco che comunque esiste tra noi occidentali è inverosimile. Io provo dal 1999 a parlare, raccontare, spiegare, condividere, ma non sono certa di esserci riuscita proprio bene anche se chi mi segue da tanti anni mi ha dato la sensazione di poter almeno in parte condividere.
Gli ultimi 3 anni hanno sconvolto il pianeta tutto, ho incontrato persone fino a ieri dignitose oggi completamente in miseria, persone ricche di idee, gente che si è data da fare, che ha corso in lungo e in largo per aiutare altri in terribili condizioni, oggi a loro volta in una povertà che li divora… ma c’è una bellissima notizia che riguarda Rajesh, giovane che seguiamo da quindici anni.
Ora è laureato, ma senza lavoro, laureato, ma completamente povero. Tenta di aiutare il padre che vive ai confini con l’Himalaya in un luogo estremo dentro una baracca di lamiera.
Gerardo è andato a trovarlo e abbiamo deciso di costruire la loro casa. Il cui costo è ridicolo, ma darà vita, forza e speranza a un padre e a un figlio che mai avrebbero potuto credere di poter ottenere dalla vita la realizzazione di questo sogno.
Di seguito una lettera scritta da Gerardo circa la situazione di Rajesh.
Noi continuiamo il nostro viaggio per portare aiuto e sostegno dove e come possiamo, ma con costanza e amore.
Grazie a chi ci sostiene per poter dare aiuto a chi non ce la fa.
Vi auguriamo gioia e fiducia in questo Nuovo Anno.
La Fondatrice
Viola Valeria Padovani
Sono stato in OKHLADUNGHA NEL VILLAGGIO DI LIKHU, qui a 2800 metri di altitudine, su questi terrazzamenti infiniti, vive il papà di Rajesh. Siamo partiti alle 6 del mattino in autobus da Kathmandu e siamo arrivati alle 21 di sera dopo un viaggio su strade impossibili e con il pericolo sempre presente di finire in uno strapiombo. Scesi dall’autobus con un sospiro di sollievo ci aspettavano due ore di marcia su sentieri invisibili nel buio totale con il solo ausilio di una piccola torcia. Ma essendo in tre era impossibile illuminare contemporaneamente i passi di ognuno. Appena giunti, il papà di Rajesh mi ha ricevuto con una semplice ma sentita cerimonia di benvenuto mettendomi al collo una corona di fiori bellissimi e la sciarpa bianca.
Dopo una cena frugale preparata sul fuoco in una stamberga che funge da cucina, siamo crollati e andati a letto. Ma dormire era difficile dato il freddo intenso che le sottili pareti di lamiera certo non potevano trattenere. Solo al risveglio mi sono potuto guardare intorno ed ammirare il paradiso che mi circondava un paradiso medievale fatto di lavoro nei campi, operosità umana ed animale, sorrisi di persone chiaramente in miseria ma che emanavano dolcezza e dignità. Il tutto condito da paesaggi infiniti dal rumore della natura e dalle montagne Himalayane che puoi quasi toccare. Dallo scorso anno il padre è rimasto solo e in assoluta povertà; quindi ora padre e figlio si stanno conoscendo, perché da quando Rajesh lo ha ritrovato, circa 10-11 anni fa, si sono rivisti poche volte. Uno studiava in città e l’altro alle prese con la sopravvivenza quotidiana al villaggio.
Ha 56 anni, ma ne dimostra molti di più perché ha fatto una vera vita di stenti e molti anni il portatore sherpa, è stato molte volte al campo base dell’Everest, unici averi, una gallina, aveva anche due pulcini ma la volpe è arrivata prima, un gallo, due caprette e due piccole mucche nepalesi che usa per arare il poco terreno che riesce a coltivare. La casa è composta da due baracchette di lamiera, una per cucina e l’altra per dormire, dove la sera equivale ad entrare in una cella frigo e non fa ancora freddo, qui ho dormito per 6 notti e se di giorno stavi in paradiso per il tepore ed i panorami fantastici, al tramonto iniziavano gli incubi da freddo.
Dopo vari tentativi falliti per trovare una casa in affitto o in vendita nel villaggio, ha preso piede l’idea di costruirne una nuova sugli unici 500 metri quadri di terreno che possiede. Il costo e le difficoltà sono dovute al fatto che tutto il materiale occorrente deve essere trasportato a spalla non essendoci strade che arrivano nelle vicinanze. Il tragitto è di almeno un km tutto in salita. La pietra invece può essere ricavata in loco. Si potrebbero costruire due o tre stanzette con un bagno ed una cucinetta, il cui costo ammonta a circa 8/10mila euro al massimo…
In fede
Gerardo Centanni